Ma cos’è il tai chi?

Viviamo ormai in una realtà e in una cultura cosmopolita, in cui le nostre orecchie sono sempre più abituate a sentire termini esotici legati agli ambiti più disparati, dalla cucina alla musica, fino alle attività fisiche. Ormai da generazioni sentiamo parlare di arti marziali e i nomi che subito ci vengono alla mente sono karate, judo e kung fu, complice anche una cospicua produzione cinematografica. Dal mondo delle discipline del benessere invece abbiamo un nome che da decenni spicca su tutti: lo yoga. Negli ultimi anni, da questi due mondi, continuano ad emergere altre discipline che arrivano finalmente ad una maggiore notorietà in Italia e nel mondo occidentale in genere.

Tra queste troviamo il tai chi chuan (o taiji quan a seconda della trascrizione). Ma cos’è il tai chi?

Non è una domanda così scontata. Quando mi capita di farne menzione con amici, conoscenti o persone potenzialmente interessate c’è spesso molta confusione su molti punti: “Dai, è quella specie di yoga giapponese o cinese!”, “Ah ma è quella roba dove si balla lenti!”, “Ma è come il karate, no?”.

Cerchiamo di fare chiarezza in maniera molto semplice.

Anzitutto il tai chi è una disciplina cinese, le cui origini vengono convenzionalmente legate alla figura leggendaria di Zhang Sanfeng, monaco presumibilmente vissuto tra il 12° ed il 13° secolo, anche se si è sempre più convinti che in realtà già da molti secoli venisse praticata un qualcosa di molto simile al tai chi. Nei secoli si è quindi sviluppato dando vita a differenti stili: tutti con fondamenti comuni, ma con differenze nelle tecniche e nelle posizioni.

Il nome tai chi chuan viene tradizionalmente tradotto come “lotta (o boxe) della Polarità Suprema”. Ovvero? Niente panico, è più semplice di quanto sembra. Partiamo da chuan che significa lotta: ciò ci fa subito comprendere che stiamo parlando di un’arte marziale. Tai chi invece è un concetto che ormai tutti conosciamo, ma che erroneamente chiamiamo in modo diverso. Il tai chi, infatti, non è altro che il nome del simbolo dello yin e dello yang: il cerchio con una metà bianca ed una nera. Il concetto che sta alle spalle di tale immagine è un po’ più complesso di quello che spesso si interpreta. La sua definizione si ritrova nella filosofia taoista, sulla sua visione cosmogonica e sull’antichissimo libro “Classico dei Mutamenti” (conosciuto anche col nome di “I Ching” o “Yi Jing”), pilastro di tale filosofia.

“Un’arte marziale? Ho letto bene?”. Sì, il tai chi chuan nasce dalla fusione di arte marziale e pratiche di lunga vita. In questo modo il lavoro che il praticante fa sul proprio corpo è a tutto tondo. Uno degli aspetti affascinanti e proprio questo: dare la possibilità a chi pratica di sviluppare più aspetti assieme. Il tai chi infatti lega insieme una sequenza di movimenti lenti e armoniosi, il cui insieme viene definito forma: tale successione non è altro che un insieme di tecniche marziali. L’allievo impara a conoscerle e può decidere anche di non svilupparle, purché sia consapevole della loro presenza.
Giusto per puntualizzare: anche se l’esecuzione della forma è lenta, è ovvio che chi allena il tai chi come arte marziale non tiri pugni con la stessa rapidità di un bradipo.

Il resto della componente di questa disciplina è quello legato al benessere e alle cosiddette “pratiche di lunga vita”: ginnastiche di origine taoista con dei concetti legati alla Medicina Tradizionale Cinese. Infatti i praticanti troveranno dei miglioramenti in diverse regioni del corpo: articolazioni, muscolatura (no, non vi farete venire la tartaruga col tai chi), equilibrio, postura, sistema cardio-respiratorio, sistema nervoso, eccetera. I risultati si hanno già dopo qualche mese di pratica, provare per credere. Sarà uno sviluppo progressivo ma costante: le gambe più forti, la schiena e il collo meno doloranti del solito, le articolazioni più sciolte, lo stress che cala, il sonno che migliora. A testimonianza di ciò invito anche ad una ricerca online su alcuni studi condotti da varie università che hanno dimostrato l’efficacia e i benefici del praticare tai chi.

Infine concludo che non ci sono vincoli di età per iniziare a praticare. La maggior parte di immagini che oggi abbiamo sono di anziani cinesi che la mattina presto si ritrovano nei parchi cittadini per condividere il tempo insieme praticando.

Spero che questo articolo abbia aiutato ad avere un’idea più chiara di cosa sia il tai chi chuan. Leggete, spulciate YouTube, informatevi su internet, ma se veramente volete comprendere cosa sia questa disciplina venite a fare lezione, praticate e lasciatevi trasportare in questo mondo, ne varrà la pena.

Buon viaggio e buona pratica.

Quanta fretta, ma dove corri?

La nostra società è indubbiamente dinamica, basata su ritmi rapidi e serrati. Ci svegliamo la mattina andiamo a lavoro, pranziamo al volo, sbrighiamo commissioni, trascorriamo tempi interminabili nel traffico, torniamo a casa e così ancora: tutte le settimane, tutto l’anno. Siamo sempre di fretta, a rincorrere il tempo. Tutto dev’essere rapido: abbiamo smartphone ultraveloci sempre in mano per controllare mail, messaggi, social network e mantenerci sempre connessi non lasciandoci mai staccare. Acceleriamo tutto quanto, ma a quale scopo? Per ridurre i nostri orari di lavoro guadagnando più tempo per noi? No, purtroppo no. Corriamo da una parte all’altra e ci lamentiamo di non aver mai tempo per noi.
Quindi? Dobbiamo rallentare e renderci conto che possiamo ritagliarci del tempo per noi, in qualunque momento della giornata. È una questione di abitudine. Ma come impiegarlo quel tempo? Gustiamone ogni minuto e cerchiamo di invertire il ritmo della nostra routine: assaporiamo la lentezza.
Una delle caratteristiche del tai chi chuan è proprio la sua lentezza nei movimenti, questo gli conferisce l’etichetta di “meditazione in movimento” e permette al praticante di immergersi in una dimensione temporale differente. La frenesia lascia spazio alla calma, le lancette sembrano rallentare, il corpo si muove come immerso nell’acqua, la mente trova una serenità maggiore. Non solo, con la pratica si può anche trovare un beneficio dal punto di vista cardio-respiratorio (diminuzione delle respirazioni e dei battiti per minuto) e si è finalmente in grado di gustare ogni attimo, dando allo scorrere del tempo tutt’altro valore.
Con il tai chi chuan combattiamo lo stress, ricarichiamo le batterie, acquisiamo sicurezza e impariamo e risolvere le situazioni difficili con maggior calma e lucidità. Questi sono alcuni dei motivi per cui alcune aziende, soprattutto all’estero, hanno scelto di attivare dei corsi di tai chi per i propri dipendenti, riscontrando una maggior efficienza nel loro lavoro.
Con questo non voglio sostenere che questa disciplina sia la soluzione, ma è sicuramente una delle più complete per ridarci la possibilità di ritrovare, almeno per un paio d’ore alla settimana, una dimensione meno frenetica all’incessante routine sempre più rapida e alienante.

Rilassamento e Tecniche Antistress

Di cosa si occupa?

Il corso di Rilassamento e Tecniche Antistress nasce dalla lunga esperienza professionale del M° Fabrizio Bencini.

“Ho capito che ogni problema fisico ha in realtà un’origine psichica e che per ottenere una guarigione completa occorre rimuoverne le cause.”

Detto così, sembra ovvio, ma nella realtà le cose sono molto diverse. Nella medicina convenzionale, raramente ci si interessa dell’origine della malattia, preoccupandosi piuttosto di trovare la cura migliore. Proposito sacrosanto, che presuppone una diagnosi corretta, che difficilmente tiene conto del rapporto mente-corpo e, quasi mai, del rapporto mente-corpo-spirito. Le cause della malattia vengono ricercate nell’origine organica, ereditaria, virale o genetica o ambientale, ecc. ma non nei traumi psichici, nella sofferenza esistenziale, nel male di vivere, in una parola nella malattia dell’anima. La legge del Karma ha un’importanza non minore e anche di questa dovremmo tenere gran conto, aiutando la persona a  comprendere un’origine anche molto, molto lontana della sofferenza.

La malattia così come siamo soliti definirla, si presenta con disturbi organici, ma sono molto diffusi disagi più sottili quali la mancanza di autostima e i sensi di colpa che avvelenano l’esistenza e impediscono la felicità. Questi sono spesso sottovalutati e generalmente classificati come psicosomatici, ma se non curati in tempo possono trasformarsi in malattie vere e proprie.

Possiamo scegliere metodi di cura che preferiamo, ma finché non capiremo che la guarigione definitiva dipende solo da noi stessi non risolveremo il problema alla radice. Se non stiamo bene, è giusto che ci rivolgiamo a professionisti competenti, medici e terapisti, ma non è sufficiente. Bisogna fare appello soprattutto alle nostre risorse, energetiche e spirituali, per arrivare alla acomprensione profonda di ciò che ci affligge ed eliminarlo. Occorre anche comprendere che solo una trasformazione radicale di noi stessi, del nostro modo di pensare e di rapportarci agli altri rappresenterà la salvezza. Dobbiamo eliminare la rabbia, l’invidia, il rancore, il risentimento, la paura, la collera, l’ansia, la tristezza, la presunzione, la superbia, l’orgoglio, i pensieri ossessivi  e ogni altro pensiero negativo per aprirci alla compassione e all’amore incondizionato senza barriere e pregiudizi. Non è facile, ma è l’unico modo per star davvero bene e rinnovare la nostra vita.

È così vero che quando stiamo male vogliamo guarire? Sembra una domanda stupida, ma la risposta non è scontata. Certo, a livello razionale, quando soffriamo vogliamo porre fine al dolore, ma a livello inconscio è davvero così? Molte più volte di quello che pensiamo, ciò che sembra ovvio non lo è. Quante volte non facciamo niente (o niente di utile!) per star meglio? In fondo, se stiamo male, chi ci sta vicino si prende cura di noi e chissà se lo farebbe ancora se stessimo bene! La malattia ci culla e noi ci culliamo in essa, speriamo di essere più amati, più coccolati; ci piace autocommiserarci ed essere compatiti. Spesso, andare a fondo nella ricerca di un malessere profondo vuol dire essere costretti a fare delle scelte molto difficili, cioè a far emergere verità che vorremmo rimanessero ben sotterrate perché aprirebbero ferite molto dolorose se riportate in superficie. Allora, è più facile e comodo lasciare le cose come stanno; ma in questo modo non elimineremo mai la vera origine del male e la sofferenza.

La malattia in questo senso è una richiesta di aiuto, che si manifesta in quelle zone del corpo delle quali dovremmo conoscere il significato simbolico; la malattia e il corpo ci parlano, sta a noi decifrare il messaggio e intervenire. Non consideriamo più la malattia il nemico contro il quale combattere frontalmente, ma cerchiamo di risolverla con strumenti della mente e dell’anima. Ovviamente, ciò non significa affatto non curarsi da un punto di vista medico, anzi ognuno dovrebbe avere la facoltà di scegliere in piena libertà il metodo di cura ritenuto personalmente più idoneo. Ma i risultati delle cure mediche saranno certamente potenziati se ad essi affiancheremo la cura della mente e dello spirito.

Il corso

Scopo del corso è cercare di capire cos’è lo stress, cos’è davvero la malattia, adottando visualizzazioni, tecniche di rilassamento e  meditative che ci aiutino alla comprensione ultima dei nostri disagi psichici e nell’eliminazione della mancanza di autostima, dei sensi di colpa, delle frustrazioni, del pessimismo e di tutti quei sentimenti negativi che inutilmente ci impediscono di conseguire il diritto alla felicità.

Il Tai Chi Chuan o Taiji Quan

Come nasce

Il Tai Chi Chuan ha origini molto antiche che si fanno risalire al monaco taoista Zhang Sanfeng, vissuto nel XIII secolo. La leggenda vuole che egli osservasse il combattimento tra una gazza e un serpente e notasse come questo sfuggisse abilmente agli attacchi dall’alto della gazza con movimenti morbidi e fluidi. Di qui l’intuizione per una forma di combattimento basata non sulla forza  ma su un diverso uso del corpo basato sull’energia interna e sullo sfruttamento della forza dell’avversario.

Nel XX secolo, in molti casi, quest’arte ha progressivamente perso il suo carattere marziale per divenire una forma di danza dolce ed elegante: l’aspetto estetico ha soppiantato quello originario privando il Tai Chi Chuan di ogni contenuto energetico e marziale.

Il nostro approccio

Nella nostra Scuola, invece, preserviamo le caratteristiche originarie di questa disciplina. In tal modo, la “forma”, cioè il susseguirsi di movimenti che rappresentano tecniche di difesa e contrattacco contro un avversario virtuale, ha un senso e serve a qualcosa.

Ci occupiamo di insegnare il Tai Chi Chuan nella sua totalità. Lavoriamo sull’aspetto più ginnico ed esterno della disciplina, ma anche sull’aspetto “interno”, rappresentato dal potenziamento dell’energia (qi) che scorre nei canali del nostro corpo (i meridiani, secondo la Medicina Tradizionale Cinese). Ovviamente è nostro impegno trattare anche il Tai Chi Chuan come arte marziale.

Il lavoro si basa soprattutto sullo studio e l’analisi di una sequenza di movimenti lenti ed armoniosi, definiti col nome di “forma”. In questo modo l’allievo riesce ad apprendere come usare al meglio il corpo, come muovere il suo qi e come usare le tecniche marziali.

In questo modo chi è interessato prevalentemente all’aspetto relativo alla salute sentirà rinvigorito l’intero organismo,  acquisirà un miglior funzionamento delle articolazioni ed una maggiore elasticità di tutto il corpo; inoltre, accrescerà il livello di rilassamento generale con grande beneficio della psiche e del coordinamento mente-spirito.
Se poi è interessato anche all’aspetto marziale, avrà appreso delle tecniche di autodifesa tanto più utili quanto più sfruttabili soprattutto nei confronti di chi è più grande e forte. Sotto questo aspetto, il Tai Chi Chuan è particolarmente indicato per le donne in quanto ci si basa sul fondamento per cui la forza fisica non è assolutamente l’aspetto centrale.

GLI STILI

Uno dei due stili di Tai Chi che viene praticato nella nostra Scuola è quello di Wang Shu Jin, detto anche Stile della Sintesi Autentica perché raccoglie in sé sia elementi di altri stili (Yang, Chen e Wu) che di altre arti marziali interne cinesi (Xing-Yi Quan e Bagua Zhang).

Il Grande Maestro Wang Shu Jin (1904-1981), che elaborò questo stile, fu allievo negli anni trenta di Chang Chao Tung, uno dei più forti combattenti della Cina del Nord; alla sua morte, Wang passò a studiare prima con Hsiao Hai Po a Pechino, poi con Wang Xiang Zhai, il creatore dell’Yi Quan, a Tiensin. Da qui, alla vigilia della presa del potere di Mao Tse Tung, si trasferì a Taiwan, dove incontrò Chen Pan Ling (1890-1967).

Qui Wang Shu Jin creò un suo stile, nel quale c’è un recupero del Tai Chi Chuan come arte marziale e i passaggi della forma sono applicabili in combattimento; estremamente interessante lo studio delle posture e della forza interna che attraverso la gestione del qi il praticante di questa forma può esprimere.

L’altro stile praticato nella nostra Scuola è il Taiji gong del M. Ma Litang, insegnato oggi dalla figlia dottoressa Ma Xu Zhou, massimo esponente mondiale della Medicina Cinese in campo oculistica. Questa forma fu elaborata da Ma Litang sulla base delle sue esperienze nelle arti marziali, nel Qigong e nella MTC. Questa forma di Tai Chi ha un effetto calmante e riequilibrante  sul sistema nervoso centrale. Altri effetti terapeutici sono: miglioramento dell’equilibrio,  della funzione digestiva, della capacità respiratoria, della funzione cardiaca, delle capacità mentali e dell’auto coscienza del proprio corpo.

Cos’è il Qi Gong

Cos’è?

Il Qi Gong è una disciplina antichissima, le cui radici risalgono a migliaia di anni fa e che nel corso dei secoli è stato codificato in esercizi diversi a seconda degli stili e dell’estrazione religiosa da cui le differenti pratiche hanno avuto origine (taoista, buddista, confuciana, medica, marziale). Pur senza prescindere da tali elementi, che ne costituiscono una componente inscindibile, il Qi Gong oggi ha essenzialmente una valenza terapeutica, essendo considerato a pieno titolo una branca della Medicina Tradizionale Cinese (MTC).

Secondo la MTC, il corpo è attraversato da una serie di canali o meridiani, nei quali scorre l’energia vitale (qi); quando questa incontra degli ostacoli e il flusso dell’energia si blocca, insorge la malattia. Scopo comune dell’agopuntura, del massaggio Tuina e delle ginnastiche energetiche è rimuovere questi ostacoli e ristabilire il corretto fluire del qi in tutto l’organismo.

Come funziona?

Il Qi Gong consiste in esercizi che non richiedono sforzi fisici o doti particolari ma che anzi sono caratterizzati da movimenti lenti o addirittura da posizioni statiche associate ad una corretta respirazione. A differenza delle ginnastiche occidentali, con il Qi Gong si lavora soprattutto sull’interno del corpo, mediante la mobilizzazione dell’energia, così che a trarne beneficio sono sia gli organi interni che il metabolismo e il sistema nervoso. Il Qi Gong è infatti caratterizzato da un profondo rilassamento psicofisico e praticarlo vuol dire lavorare su se stessi per rinforzare le difese immunitarie, prevenire le malattie e migliorare il proprio benessere generale facendo ricorso alle risorse del proprio organismo.

I benefici

In Italia il Qi Gong è affiancato alle terapie tradizionali all’Istituto dei Tumori di Genova; corsi di ginnastica medica cinese per la terza età hanno dato ottimi risultati in problemi relativi a osteoporosi, digestione, evacuazione, respirazione, circolazione e funzioni epatiche.

Se lo scopo immediato del Qi Gong è il miglioramento del proprio stato di salute, il fine ultimo è quello del raggiungimento di un superiore stato spirituale. Questo obiettivo non ha niente di esoterico né di religioso, perché è legato ad un alto livello energetico, potenzialmente raggiungibile da chiunque, che permette un mutamento del livello di coscienza.

In altre parole, il Qi Gong può aiutare a migliorare la nostra esistenza non solo dal punto di vista fisico, aiutandoci a considerare con maggior distacco le vicende della vita e a migliorare il rapporto con se stessi e con gli altri.

Il Qigong che pratichiamo alla Scuola Shen Ming fa riferimento agli insegnamenti dei Maestri piú  illustri, di alcuni dei quali Fabrizio Bencini è o è stato allievo diretto. Citiamo Li Xiao Ming, Ma Xu Zhou, Toshihiko Yayama, Jeffrey Yuen, Zhang Guande.